Le Monelle

Il progetto per un salone acconciatori e un open space a Gemona del Friuli nasce innanzitutto dalla volontà di confrontarsi in modo contemporaneo con un edificio storico di estremo valore artistico.
La prima pietra del palazzo Di Piazza-Crapiz fu posata il 25 febbraio del 1937 e fu terminato in poco più di un anno nel 1938. Lo stabile concepito per essere un moderno studio fotografico è stato progettato e realizzato dall’architetto Raimondo D’Aronco di nascita gemonese. Si distingue subito dall’edilizia medievale del centro storico cittadino per lo stile tardo “Liberty” con cui è stato realizzato ed era stato ideato per cogliere, nel migliore dei modi, la luce naturale proveniente dall’esterno. Le grandi vetrate erano, infatti poste in posizione di cogliere il movimento del sole nel modo più attento. “L’arredo interno, –ricorda Giorgio Rigon – l’assetto delle tre camere oscure conservavano gusti e stilemi del “Floreale” che riverberavano struggente nostalgia di un passato luminoso. Lo studio fotografico –scrive ancora Rigon- recava l’insegna “Studio fotografico Di Piazza-Crapiz”. “L’Atelier –prosegue Rigon- disponeva, al piano inferiore, di ben tre camere oscure ed un vastissimo negozio, con annesso laboratorio-ufficio adibito al ritocco e rifinitura delle stampe. Al piano superiore, un’immensa sala di posa ove con la sola luce naturale proveniente da enormi vetrate installate in guisa di lastrico solare ed alle pareti si potevano disporre gruppi anche di 30 persone tutte perfettamente accarezzate da una luce morbida soffusa, abilmente calibrata mediante la manovra dei tendaggi”.
All’interno quindi di una cornice di tanto valore la richiesta della clientela pone ancor più l’accento sulla volontà di ridare valore e dignità ad un luogo da troppo tempo lasciato a se stesso e che viene da subito vissuto come potenziale nuovo attrattore per ridinamizzare l’intero centro cittadino. L’idea è quella di coniugare un salone acconciatori con uno spazio più flessibile e libero destinato ad esposizioni d’arte, piccole conferenze o presentazioni sempre in ambito culturale. La strutturazione dei locali e le loro precise caratteristiche ci portano a riflettere assieme all’artista Raffaele Chiandussi sul tema dei confini, dell’ibridazione e della trasformabilità degli spazi. Al piano terra grandi pareti scorrevoli celano spazi espositivi e al contempo divengono superfici su cui esporre opere d’arte o sulle quali proiettare video, una parete metallica destinata all’esposizione diviene pretesto per mettere in scena un gioco magnetico in continuo divenire. Le superfici assumono colorazioni neutre il pavimento rigorosamente in legno naturale strizza l’occhio alle gallerie d’arte europee, le scale un tempo sacrificate riprendono centralità e valore e divengono il cardine distributivo dell’intero edificio. Al piano superiore si sceglie un pavimento dalla tinta scura, la luce naturale è talmente forte e l’ambiente talmente ampio che ce lo possiamo permettere, gli arredi in legno anticato fatti su misura si caratterizzano per la loro monoliticità e si dispongono nello spazio in modo da creare piccole isole lavoro. Giochiamo con l’illuminazione, alcuni globi di luce già presenti vengono ricollocati secondo una maglia regolare a definire uno spazio, si costruiscono grandi cerchi sospesi sopra le posizioni del taglio vero e proprio, quasi a sottolineare l’evento magico della trasformazione, il cliente all’interno di questo disco di luce si sente completamente isolato rispetto allo spazio circostante e trova forse il giusto stato d’animo per potersi concentrare pienamente su se stesso separandosi dalla frenesia della vita quotidiana.