La Scatola di Vetro

Sono un tipo curioso, e sono per il FARE più che per il PARLARE comunque cerco continuamente il confronto e di comprendere le motivazioni degli uni e degli altri, sono sempre pronto a ricredermi e a tornare sui miei passi, ma da alcuni anni, ho preso una posizione critica nei riguardi di tutti coloro che si piangono addosso e bla bla….. non c’è più spazio per l’architettura, bla bla….. non c’è più una committenza, bla bla…….. il pubblico il privato……..e via a spellarsi le mani a questo o a quel congresso compiacendosi di trovare tanta gente che come loro è alla ricerca delle ragioni (mal comune mezzo gaudio) dell’incapacità di trovare una committenza che gli consenta di esprimere le loro professionalità.
Invece, unitamente ad una committenza sicuramente non qualificata, ma che comunque dopo grandi scazzottate (verbali), si è dimostrata disponibile al confronto, accettando un linguaggio inesplorato perché lontano da quello cognito e tranquillizzante che si trova sfogliando le riviste o nel modulo abitativo del vicino di casa, contenendo le spese all’interno del budget stabilito, l’ho convinta che, a parità di costi e rispettando le norme (e non la prassi) si può FARE qualcosa in più della solita villetta.

“la scatola di vetro”
il vetro, l’acciaio, il legno, in un’architettura di pietra

Nel linguaggio stilistico del progetto, si è cercato di evitare una “storicizzazione” dell’intervento, affiancando l’utilizzo e l’uso di materiali tradizionali come il legno, la pietra nel paramento esterno dell’edificio, i regolini in cotto della pavimentazione esterna, alle più avanzate esperienze nel campo edilizio con le applicazioni dell’acciaio, dei laminati e del vetro.
Da tale antitesi derivano i principi cardine del progetto, che si contrappone in maniera netta alle disomogenee tipologie edilizie presenti nel contorno, “contaminandole”. A nord una “quinta di vetro e acciaio”, chiusa e separata dal prospetto ha dato al volume uno sky-line meglio definito, le strutture orizzontali rigorosamente simmetriche, sono organizzate in un’alternanza ritmica che ordina il prospetto conferendogli un maggior rigore, lo spazio incluso tra la “quinta di vetro” della parete nord ed il prospetto arretrato dell’edificio, contiene il corpo scala in struttura in acciaio e legno, questo vuoto nasce, dalla congiunzione tra la proiezione delle linee estreme della copertura e della “quinta di vetro”, unendoli e proporzionando la copertura con il nuovo rapporto dimensionale della unità abitativa, grazie ad una ulteriore linea diagonale data dai contrafforti, che si inserisce perpendicolarmente alla falda, e modifica la “proiezione sul piano verticale” dello stesso edificio.
Giacomo Bonarelli