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La proposta vuole imporre antagonismo e provocazione nei confronti della semplicità dei volumi e dell’aspetto formale dell’ospedale. Così dai tradizionali volumi statici del complesso emerge una massa formalmente dinamica, espressiva ed emozionante. Vuole mostrarsi come un’incisione inattesa, un miraggio, un’illusione, un abbaglio.
Aspira a scatenare un segnale di straniamento_attrazione invitando il devoto all’esperienza della distanza_vicinanza nel cammino ecclesiastico.
L’involucro assume una dimensione frattale in evoluzione dove sfaccettamento e decomposizione formale alludono all’immagine delle “pietre viventi” espresse nel Nuovo Testamento. Si compone di una pellicola riflettente concretizzandosi in un velo che tende al dissolvimento della chiusura.
Riflette e riverbera fasci di luce e percezioni vibranti che inondano di energia vitale immateriale il contesto.
La dignità dell’opera è affidata alla sua contraddizione: la materia carica d’essenzialismo provoca una sensazione di annullamento del suo spazio reale e concreto. Diviene un mezzo mediatico tra massa fisica ed infinita, creando una divergenza di astrazione concettuale tra il tempo cronologico narrativo ed il tempo della contemplazione e della memoria.
Un taglio cinta orizzontalmente il volume. Così l’edificio si eleva dal suolo, si muove verso l’alto sfiorando il divino. Si scorpora dal mondo terreno, si alleggerisce, si libera. Lo spazio interno si avvolge di una luce assoluta, s’ imbeve di un’ alone spirituale.
Si concretizza un’aureola metafisica, una nube d’instabile sospensione che accresce la consapevolezza dell’irraggiungibilità del santo.
È l’area della fuga, della meditazione, della preghiera. È il luogo impossibile, dove oggetti creature e spazio si annullano. È il fuoco concettuale dell’intera composizione. È la fascia vitale dell’espressione misteriosa del sacramento.
L’aula definita da una scenografia di contrasti chiaroscuranti, invasa e penetrata da una chiarore accoglie la comunità di fedeli in una condizione anche eccessiva di frontalità mistica con il sacro. Soggioga un senso d’imprevedibilità, di gravitazione.
Lo spazio è raccolto, intimo, ma anche molto arioso e particolarmente idoneo alla celebrazione dell’itinerario sacramentale.
Vuole essere un ambiente sereno, mistico ma non teatrale; quotidiano ma non prosaico.
Vuole essere un vuoto prossimo, vicino, reattivo. Un divenire a raccolta per procedere lungo la via della salvezza.
I fedeli costruiranno lo spazio con la propria presenza.

L’arredamento: sedute, altare, ambone e tabernacolo sono contraddistinti da una preseza_assenza. Rimane solo la funzione la materia è annullata dalla luce e dalla trasparenza.
Sono governati dalla mobilità, possono funzionare in maniera autonoma oppure aggregarsi.
Si vuole annullare la separazione tra celebrante ed oranti.
Si vuole annullare il tradizionale staticismo rendendo l’aula un evento da cui si muovono relazioni.
Il cuore rallenta, la testa cammina in quel pozzo di buio cemento……………