Note a margine sulla ‘permeabilità’ dello spazio architettonico.
Mutazione è secondo la definizione, un cambiamento rispetto al quale il concetto di ‘variazione’ si accompagna a quello di ‘sostituzione’. Diventa allora interessante notare come intorno a noi si stiano rivelando proprio quelle caratteristiche che determinano un fenomeno di questo tipo. In effetti si è sempre parlato di cambiamenti dello spazio architettonico, ma in genere si teneva conto contemporaneamente del ‘tempo impiegato’ dagli eventi per realizzare delle trasformazioni, per comprenderle e per meglio indagarle. Succede che, l’evoluzione costante e continua delle tecniche di comunicazione ha accorciato i tempi di avvicinamento tra gli eventi che si susseguono, quindi l’informazione, e i metodi d’indagine per analizzarli, confrontarli, e verificarli tutto questo a favore di una loro autenticità critica e metodologica. Tanti punti di vista, quante verità da prendere in considerazione, una visione più complessa e quindi più vicina alla realtà. E’ successo anche che, la tecnologia abbia saputo unire alla velocità comunicativa quelle piccole invenzioni capaci di modificare i ritmi quotidiani realizzati nei nostri ambienti. Tutta una nuova oggettistica invade oggi il nostri spazi, pronta a cambiare non più nel giro di decenni ma di stagioni, dai veicoli che usiamo per spostarci in città, agli abiti sempre più suscettibili di veloci modifiche, agli interni delle nostre case sempre più piene di oggetti che il mercato consegna come utili e insostituibili ma che andranno ad occupare altro spazio a nostro sfavore. Nuovi oggetti creano nuove abitudini, nuove abitudini creano nuovi tipi di vita, nuovi tipi di vita creano nuovi spazi per realizzarla nel migliore dei modi. Tutto sembra più complicato tutto un po’ più contorto ma tremendamente vero e razionale! Studiando alcuni fenomeni di carattere sociale legati indissolubilmente all’ambito delle trasformazionio architettoniche, ci si rende conto che gettare possibili prospettive basate su certe direttive tecnologiche, diventa facile come sapere che l’acqua scorre dove esite la presenza di compluvi. Per esempio, per quanto ci interessa, è molto probabile che le grandi multinazionali informatiche o compagnie di software aggancino in futuro quelle automobilistiche (l’automobile sappiamo è sempre più satura di centraline elettroniche) e che come metaforico effetto ‘plasma incandescente’, invada gli abitacoli controllando le funzioni e stabilendo fusioni inattese e affascinanti, magari gazie a programmeni in vendita scaricati dalla rete che mettono in funzione degli optional già istallati sulle automobili per arricchirne usi e funzioni. Da qui il salto è breve! Lo stesso ‘virus’ elettronico molto ‘invasivo’ è chiaro, sarà usato per la casa, per il suo spazio, la sicurezza interna, superando la primordiale fase domotica s’inoltrerà nell’utilizzo di altre sue possibili e dilatate funzioni. L’architettura presenterà allora nuove varianti compositive da valutare ed interpretare. Nuove complessità quindi, non mancheranno le enormi banalità (come i grandi concorsi a volte, ci mostrano) alle quali dovremo prestare attenzione, evitando l’indifferenza verso l’architettura a favore di qualche trovata commerciale. D’altronde le memorie post-moderne ci hanno temprato, e non ricadremo certo in quella trappola mediatica a vantaggio di un deprimente, sterile e molto probabile frase da SuperMarket del tipo : “il controllo dello spazio ora è alla vostra portata!”. E’ evidente che la tecnologia ha portato dei vantaggi nel vivere quotidiano con lo scopo di far risparmiare tempo denaro, energia fisica, ma ha sostenuto e appoggiato forse equivocandola e a volte non prendendola in considerazione, una situazione che sta deformando la realtà, come un leggero e continuo rumore di fondo al quale i sensi non opponendo resistenza, vanno pian piano adeguandosi. Questo rumore non è determinato dalla mancata consapevolezza della trasformazione del tempo, è invece legato ad una sua evidente velocità d’attuazione. Non solo per quanto riguarda quei fattori tecnologico-materialistici, ma anche per il loro adeguamento alla cultura del tempo intesa come importantissimo valore sociale. E’ un rumore di fondo che sta facendo collassare il dedelicato equilibrio che guardava alla maturazione di certe esperienze quotidiane generatrici di riflessioni, idee, nuove passioni o come lo definisco io, il ‘tempo d’eseprienza’. In pratica un individuo che non riesce a adeguarsi al ritmo scandito da questa realtà, guidata sempre più da una fagocitante economia di mercato, rimane bloccato in un traffico di notizie travolto da un fiume di nuovi bisogni (perlopiù effimeri) da soddisfare e nuovi modi di comunicare capaci se non elaborati, di sostenere drammatici atteggiamenti di disadattamento e d’isolamento dalla realtà capaci di sfociare in patologiche fobie a scapito delle relazioni sociali. L’arte in questi casi ha sempre contribuito a rappresentare un canale informativo importante. E’ la terra di tutti coloro che vogliono esprimersi e che adottano gli strumenti della propria sensibilità per raccontarsi e per raccontare il proprio mondo possibile, usando il medium per eccellenza; la meteria. Pilastro sospeso di P. Eisenman nel Wexner Center http://www.architetturaamica.it/ Biblioteca/recens/Eisenman.html La Creazione dell’Uomo, particolare della Cappella Sistina di Michelangelo http://www.santamelania.it/bambini/michel_sis/mich_genesi.htm#titre5 Cos’ hanno in comune queste due foto? Peril tempo di creazione e il tipo di realizzazione, assolutamente nulla. Eppure osservandole meglio ci accorgiamo che comunicano qualcosa di particolarmente nuovo. Io l’ho interpretata come un ‘attesa’, un silenzio ‘attivo’ una pausa prima di un’esperienza percettiva importante. I significati e la storia di queste immagini la conosciamo benissimo, ma è la possibilità di isolarle per discuterne una loro diversa finalità, può essere utile per l’argomento di cui scriviamo, la rappresentazione della materia per comunicare esperienza e stati d’animo. E’ un passo importante per comprendere fenomeni architettonici, l’A B C dell’architettura che trasmette emozione. La materia plasmabile o trasformabile sia per natura sia dalle mani dell’uomo, concorre ad una visione diversa dell’esistente. Le relazioni che essa evidenzia nella sua dirompente evoluzione educano alla percezione e al compimento dell’azione essenziale di conoscenza del nostro mondo (una definizione umilmente plausibile che spiega l’esistenza dell’arte nella vita dell’uomo). Possiamo identificare la materia in trasformazione come un ottimo filtro per scandagliare le possibilità relazionali umane. Teniamo presente però che la sua analisi non funziona per somma di catergorie, cioè osservare da vicino la tessitura di una tela od un particolare architettonico, non stabilisce automaticamente il risultato di una somma di visioni della tessitura o della visione-compositiva generale di un oggetto. Questo è un dato fondamentale per intraprendere il nostro studio sui livelli di comunicazione e interpretazione della ‘permeabilità’ (approccio conoscitivo) dello spazio architettonico. Shuhei Endo, Springtecture h, Harima, Giappone 1998 http://www.archilab.org/public/2000/catalog/shuhei/shuheifr.htm Verifichiamo la definizione di ‘ambito elettivo di un’architettura’, Nelle prima foto l’artista americana Barbara Edelstein crea l’ambito variabile’, sperimenta strutture che possano, con la loro presenza, riportare l’arte nei luoghi pubblici tra la gente. Nella seconda foto Shuhei Endo trae, da questa sensibilità percettiva un valore relazionante, quindi trasforma quest’Ambito Variabile, in un ‘architettonico ‘possibile’ ecco l’ambito elettivo di un’architettura. Le due sensibilità possono anche non sapere l’una dell’altra, si tratta, infatti, di un ambito materico (acciaio galvanizzato), di una “sensibilità assonante”. La scala d’osservazione infatti sconvolge la visione e intensifica l’energia di relazione che s’instaura tra l’oggetto e chi vuole attivare la sua ‘relazionalità’, buttare un sasso in uno stagno ‘percettivo’ questo diventa l’avvicinarsi ad un’oggetto. Sappiamo dalla grande mole di studi condotti sul tema, che la mente cerca costantemente di sviluppare strategie per tentare di realizzare la visione ‘più ordinata possibile’ con un sistema logico che si muove dal più semplice al più complesso schema. Ancora più interessante notare come sia stimolata nell’uomo, una possibità di mediazione sviluppando processi di controllo per classificare ed accedere nel suo spazio cercandone tutte le possibilità interpretative (questo comportamento lo ha aiutato in passato a controllare il suo territorio evitando pericoli) Possiamo regalare alla nostra mente stimoli visivi e concettuali nuovi, avvicinandoci ad esperienze materiche per fissare le rivoluzionarie informazioni e determinando così esperienze vitali. Ecco allora un probabile chiarimento del termine iniziale di ‘mutazione’. Fenomeno naturale di riferimento percettivo che la mente ha eleaborato e tutt’ora elabora nella sua complessa fase evolutiva. Si tratta fondamentalmente di un lavoro di riduzione di ‘tensione’, che in effetti è l’elemento dominante di ogni organismo. Un’attività cerebrale che in questa ‘tensione’ rinnova la sua relazionalità rispetto al compromissorio ‘mondo reale’. Già prendere atto di quest’enorme attività percettiva continua e inarrestabile, in balìa della quale, si consumano nergie vitali, sarebbe di aiuto per risolvere problematiche d’ordine relazionale. Questo ci servirà poi per comprendere meglio fenomeni in cui l’architettura intesa come medium, trova un suo ‘ambito d’elezione’. La mente, in effetti, relaziona i pattern percettivi cogliendone l’ordine possibile più semplice, ne determina, in quest’atto, la sua essenza. Infatti l’ordine appena definito è già ‘riconoscibile’ e s’inoltra, naturalmente, in altri spazi visivi indagando il dissimile e il differenziabile, ‘godendo’ (N.B. è fondamentale e rivoluzionaria quest’attività), dell’azione “ordinatrice” prettamente cognitiva. E’ in un discorso che riguarda la prima relazione dell’uomo con il mondo, che indagheremo l’essenza dell’architettura. Affrontando infatti i meccanismi legati alla percezione e all’esperienza cognitiva avremo diverse risposte che riguardano il mondo affascinante dell’architettura. L’uomo è cosciente di potersi rapportare al reale, consapevole della sua incompiutezza, avendo necessità di accedere al piacere dei mondi condivisi sia della natura, sia del sociale, sia del mondo che vi si frappone chiamato ‘mediale’. Qualche problema esiste quando si verifica un’involuzione dell’informazione mediata. Un argomento che abbiamo già affrontato nello scritto dal titolo ‘Simulazione d’assenza’ http://www.antithesi.info/primaframeset.asp. Il degrado qualitativo che si verifica in ogni forma condivisibile implicitamente inizia il processo entropico. La materia è l’immagine del presente, consapevole di una transizione in atto. L’opera d’arte, o meglio l’espressione di un singolo sulla materia, produce significati nel momento stesso della sua formazione, il resto è mediazione tra risorse energetiche destinate per naturale entropia a svanire. Rimane però la prova di rivalsa dell’uomo, una porta aperta sui nuovi modi espressivi e mondi possibili, tendenti ad un’utopica compiutezza umana. Filtri naturali di relazione con il nostro ambiente. Come si può immaginare il lavoro costante e pazientemente attivo di Alberto Burri se non si sente l’odore acre e allo stesso tempo intenso di una plastica che brucia, o l’odore delle lamiere saldate o del legno bruciato, o l’incrostarsi della plastica dopo il passaggio repentino della fiamma che ne ritorce la struttura e rende le filiformi espressioni, come alterazioni genetiche prodotte da griglie sconnesse di una nuova struttura? Facciata della chiesa di S.Croce a Lecce. http://www.trovasalento.it/ilsalento/barocco.htm Will Bruder, Byrne Residence, Arizona USA 94/98 in Architecture Now, Taschen, pag. 126 L’unicità del baocco leccese dipende dal fitto e cesellato ‘scultoreo’ derivato dalla lavorazione manuale della duttile e luminosa pietra locale. L’altro esempio mostra come, dal possibile confronto tra questi due casi ‘estremi’ di fittezza decorativa (luminosa) e di trasparenza estrema (crepuscolare), nasce la luce del luogo, la linea del paesaggio e il materiale locale, genera espressività che solo quella zona può determinare per generare quell’architettura a favore di una sperimentazione che tenta dinamicamente di dilatare lo spazio contenuto. Particolare guglia della Sagrada Famiglia di A.Gaudì, Domus 848 http://digilander.libero.it/barcelonaonline/sagrada.htm Hans Hollein, Parco Europeo del Francia, Ours-les-Roches, Domus 851Vulcanismohttp://www.arcspace.com/architects/hollein/Vulcania/ Nelle due foto esplicitano un ordine formale tridimensionale (fisicamente vibrante percettivamente ritmico) con delle testure funzionali (aperture) pecettivamente “assonanti”. Elementali segni e illogiche combinazioni frattali in tras-formazione. Colore, forma, segno sintetizzate nella materia. Realizzazione di una nuova idea visiva per stimolare la percezione per iniziare un processo diverso di relazione e per azzerare, in un attimo, il nostro ordine costituito, per avvalorare nuove possibilità d’accesso a frequenze percettive e ambiti variabili innovativi. La cucitura “carnale” dei “sacchi” di A.Burri e di tutto il suo lavoro, rivolta i moti percettivi scardinati dai più profondi intimi stati d’animo. L’Arte, a questo punto, è intesa come campo relazionale capace di trasformarsi nello strumento illusorio di possibile compiutezza umana. Albero Burri,‘Sacchi’ http://www.virtualmuseum.it/cronologia/burri/burri.htm Van Gogh, campo di granno con corvi http://www.homolaicus.com/arte/van_gogh/campo_grano_corvi.htm Abbiamo guardato un’illustrazione veritiera di un quadro di Van Gogh? Magari illuminato da una luce radente (fondamentale medium visivo), siamo riusciti a ‘sentirne’ visivamente la dinamicità che si dilata dall’immagine e si proietta nella terza dimensione. L’opera detta i suoi ordini, e i suoi codici (colore, segno, forma e loro relazioni), l’impasto del colore si solleva e diventa scultura, materia in formazione, abbandona il piano e l’immagine azzarda l’impossibile, scopre la nuova dimensione; è in atto l’esperienza materica. Pennellate come piccoli magnetoni in attesa di trovare il possibile ‘spettro’ ordinatore matafora di una dinamica dello stato d’animo. Se la quotidianità pretende un tributo di energia vitale, allora siamo coscienti della deprimente situazione del vivere nell’impossibilità di normare nuove catergorie percettive e l’impossibilità di comprenderne di diverse. Un immobilismo percettivo dal quale si deve fuggire a tutti i costi! La percezione non ha regole grammaticali, moltiplica amplifica e si affida alle posizioni mutevoli e cangianti di centri ottici, la materia funziona come una porta per un labirinto del quale, gli stessi muri sono stati alzati dalle nostre esperienze relazionali passate. Cercare un codice d’interpretazione, quindi d’accesso a questi territori, è una forma di stimolazione di ‘senso’. Come dice R.Barthes potrebbe essere veramente il primo atto rivoluzionario, la nostra prima necessità di uomini relazionanti. Il mondo virtuale sembra diventato una specializzazione dell’umano ‘relazionarsi’, d’altronde la limitatezza di questo mondo ‘altro’ è evidente quando si confronta con i meccanismi percettivi e cognitivi propri dell’uomo, infatti essi, vengono stimolati da oggetti appartenenti alla realtà, intesa nell’accezione che comprende una condivisione referente e contemporanea dei cinque sensi. L’esperienza visiva, ne deduciamo, nasce da un ‘moto’ che cerca incessantemente il suo equilibrio, da un’attesa soddisfatta, da ‘imparare’ dall’esperire. Certo fra le righe delle innumerevoli divagazioni ‘virtuali’ contemporanee è leggibile un messaggio ben più interessante! Infatti, la riflessione potrebbe essere intesa in questo senso; se i simulatori di volo disegnano una visione virtuale preparando il conducente e proponendogli delle ‘ipotesi di realtà’, allora questa pratica progettuale architettonica che si basa sulle pur pregevoli visioni virtuali (a volte fin troppo ectoplasmatiche) d’ipotetiche realtà costruttive, riesce poi ad indagare, comprendere e far comprendere lo spazio architettonico reale? Un concetto un po’ complicato se teniamo presente che già il ‘relazionarsi’ ha in sé numerose ipotesi di prova (simulazioni naturali di realtà) che la mente scatena, bisognose di contatto e compartecipazione con l’esistente. A quale virtualità daremo regione, a quella creata dal calcolatore o a quella che la nostra mente ci prefigura su un altro livello percettivo, sempre trattando lo stesso spazio architettonico? Quindi ‘virtualità’ e ‘percezione’ sono possibilità dello spazio che rendono ‘permeabile’ questo presente, così complesso e allo stesso tempo così alla ‘portata’. Allora è chiaro, risolvere quest’impasse diventa una questione di ‘termini e di metodo’. La pratica multimediale nel campo della ricerca architettonica ci stà ‘allenando’ alla scoperta di possibilità nuove e di spazi virtuali alternativi, ottimo passo in avanti nella stategia comunicativa, per una più proficua divulgazione dei processi tecnologici ed alle ricerche espressive legate all’architettura. I mondi virtuali simulano ipotesi costruttive reali generate nel nostro tempo, dalle nostre stesse invenzioni per aumentare quel meraviglioso desiderio di conoscere il ‘reale’ e quindi capire, non dimenticando certo, la libertà di sognare, di desiderare e con l’impegno lo studio e la ricerca architettonica, di ‘REALizzare’. Testi di riferimento: R.Arnheim, Entropia e Arte – Saggio sul disordine e l’ordine, Einaudi 89. E.Gombrich, J.Hochberg, M.Blanck, Arte perceione e realtà, Einaudi 97. H.Focillon, Vita delle forme, Einaudi 99. G.Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo 93. U.Eco, I limiti dell’interpretazione, Bompiani 95. U.Eco (Stefan Collini a cura di), Interpretazione e sovrainterpretazione, Bompiani 95.