sovrapposizioni intuitive e discontinuità connesse (appunti scritti sul retro di alcuni disegni d’architettura) di Paolo Marzano
“[…] Un corpo che produce ambiente appare pertanto come una forza che interagisce con situazioni date, adattondovisi e modificandole. Un simile processo realizza un andamento tutt’altro che lineare perché occorre che alle urgenze del corpo facciano riferimento tutti quei piani di relazione, quelle pieghe e quelle istituzioni che predispongono l’ambiente non solo ereditato ma anche l’ambiente di riferimento e costruzione che si realizza in un determinato momento. Entrambe queste realtà esprimono un orizzonte macchinico e plurale che costituisce il presente al quale i corpi appartengono.” Tratto dal n.19 della collana Millepiani, scritto da Tiziana Villani, Tecnologie del controllo, maggio 2001 La relazione dell’uomo con l’ambiente rappresenta uno degli argomenti più discussi e dibattuti degli ultimi tempi. Esprime in pieno la fase di transizione che il sociale affronta immergendosi nel quotidiano, vengono infatti rivisti e ritrattati saperi e categorie di giudizio fin’ora esistenti. L’uomo e lo spazio in cui vive, sono i primi protagonisti inseriti tra le maglie irregolari di una ‘tensione urbana’ globalizzante, capace di intaccare i delicati processi percettivi di apprendimento rivolti verso i possibili nuovi scenari del loro intorno relazionante. Vale sempre la pena allora, riappropriarsi di una forte energia capace di riferirsi ad altri ordini d’idee oltre a quelli comunque condivisi, secondo quei balzi necessari, di cui parleremo, che sono in grado di apportare traformazioni culturali e offrire così visioni nuove e scelte alternative rispetto ai codici comunemente riconosciuti. Le prove di queste visioni nuove e possibili, arrivano da una storia e da esperienze di vita che confermano il bisogno di stabilire con lo spazio in cui viviamo, una sorta di sacro ‘contatto’, sia esso fisico sia psicologico che chiamiamo comunemente interazione. Si tratta di un’azione che unisce un mondo ‘possibile’ percepito, ad un mondo fisico; il contatto tra un’entità astratta in attesa di informareall’ambiente. Proviamo in questo scritto a fare riferimento ad alcune osservazioni di un geniale artista, qual’è Umberto Boccioni. Riflettendo sulla sua opera scultorea pittorica e di scrittore, indagheremo parallelamente il nostro presente informatico, allora forse avremo più notizie riguardo l’importanza dell’interazione come strategia della conoscenza. Ci soffermeremo quindi, su certi punti di contatto della ricerca e la sperimentazione anche architettonico-scultorea che, secondo me, evidenziano una condivisione di mezzi siano essi strumentali o teorici, profetizzati dal nostro personaggio. Una delle nicchie fisiologiche dell’evoluzione informatica in atto, è occupata in gran parte dall’architettura, desiderosa come sappiamo da sempre e ansiosa di sperimentare visioni cercando di concretizzare utopie. Questo ci pone di fronte a delle riflessioni, osservazioni e a delle ridiscussioni di riferimenti che fin adesso sembravano intoccabili. Domus 827- progetto di Jean Nouvel, Museo delle arti e della civilizzazione “Quai Banly” Parigi. Rampe come segni o balzi elicoidali, sospesi proiettati nel vuoto; percorsi direzionali percettivamente e fisicamente diversi all’altezza di una personalità attenta qual è quella dell’architetto francese. Teniamo presente che la differenza, rispetto al nostro artista-accompagnatore, è rappresentata dal momento sia culturale sia temporale. Contestualizzando, notiamo facilmente che siamo circondati, se non assuefatti, da una velocità d’informazione estrema e tentacolare capace di invadere molti più spazi (nostri) di quanto si possa immaginare. Questa situazione, ha introdotto, nel già complesso scenario, notevoli e determinanti altri, inattesi parametri rispetto a quando le avanguardie artistiche del novecento facevano i primi passi in territori prolifici ancora da decodificare (anche loro erano di fronte a travagli interpretativi e a codici nuovi). Voglio sottolineare a questo punto il balzo concettuale e l’interessante assonanza sperimentale della stagione delle avanguardie all’inizio del ‘900 e il fermento che stiamo vivendo, per quanto riguarda l’aspetto critico architettonico dato dalle nuove individualità generate dai ‘gruppi di rete’. All’architettura dei gruppi e alle strategie dei database in-formazione, arrivano echi di fermenti artistici-architettonici e passionali declamazioni rivolte a platee interattive. Un’ importante realtà alla portata di sensibilità più capaci. In una recensione ad un testo di nuova generazione infatti, ho osservato le nuove possibilità interpretative innescate da questi rivoluzionari cambiamenti capaci di poter trasformare l’editoria, non allontanandosi dalla rete, anzi integrandola in una straordinaria nuova idea d’alternanza tra interattività digitale e approfondimento cartaceo in un continuum culturale che dilagherà, sono certo, nei nuovi territori della comunicazione. http://architettura.supereva.it/books/2003/200306010/index.htm Il confronto tra i gruppi di artisti delle avanguardie, con i dibattiti sull’architettura on-line, per un fenomeno di ‘sublimazione culturale’, legata strettamente alla tecnologia digitale, hanno riacceso visioni che in passato occupavano teatri, mostre, gallerie e si sono trasferiti in rete per accoglire più osservatori ed interlocutori, realizzando una molto probabile interazione. Il risultato ottenuto è ottimo; molte più idee date dallo scambio di esperienze. Un balzo compiuto del parlare architettura, da spazi limitati e forse elitari ad una collettività connessa numerosa e attenta, sicuramente aggiornata anche se non propriamente colta. Ma osserviamo meglio la grandezza di questo fenomeno interattivo. Sappiamo che una semplice ‘interfaccia’ è la probabile maschera umanizzata di un infinito indistinto digitale. L’uomo che innesca, con un semplice cenno, il viaggio ‘informatico’, entra in uno spazio dalle diverse dimensioni, conclude praticamente un’azione percettiva perturbatrice rispetto al suo consueto movimento vitale. Si tratta di un altro tipo di movimento, definito da una diversa attività e con altre dinamiche percettive. L’individuo riproduce in un breve istante, un risolutivo balzo determinante ai fini conoscitivi. Muta la sua condizione psicologica e abbandona ‘un presente’; attua un’antica visione di teletrasporto percettivo per un luogo di complessa definizione. Quello che interessa alla nostra riflessione, riguarda però, la veloce variazione della sua identità connessa a questo spazio. Le sue estensioni si ‘attivano’ e rinnova l’entrata in questa magmatica, fluttuante materia fatta di dati appartenenti ad una multiforme, funzionante intelligenza. Il suo volto è praticamente illuminato da una luce diversa, egli accede per un ‘passaggio’, effettua un balzo e tra ronzii di memorie capienti e l’alternarsi dei colori dello schermo s’immerge in una virtualità che a questo punto irrompe nella sua attività istintiva esplorativa. In pochi istanti inizia l’alternanza tra l’identità del passeggero e l’identità del pilota comunque, rimane un cosciente ‘nomade’. Un balzo quindi, che introduce l’esperienza singola a confrontarsi con infinite altre esperienze in transito. Abbiamo già incontrato questo stato fisico-psichico di cose, dallo studio e la discussione nell’articolo di fa dal titolo ‘Simulazione d’assenza’ http://www.antithesi.info/testi/testo_2.asp?ID=211 si sono tratte delle osservazioni su l’intima struttura di quella che è una nuova realtà complessa e mutante. Diller & Scofidio, Istituto di Arte Contemporanea di Boston (2002) Se l’ informazione diretta come dice Paul Virilio:”… è il risultato immediato dei sensi dell’udito, dell’odorato e del tatto e anche del senso muscolare, cioè delle capacità di motilità sul posto e di mobilità nello spazio…e soprattutto dal gesto di spostamento o del cambiamento di posizione dell’organo e del corpo nello spazio-tempo”, allora ci accorgiamo che l’individuo innesca una sua funzione esplorativa forse contemplativa, di uno spazio percettivo che produrrà l’ esperienza, ma nello stesso tempo già risulta assorbita dalla totalizzante informatizzazione che sembra omologare le diversità adottando comportamenti d’ interazione di cui, in questo momento, la società ha probabilmente bisogno. Penso che questi siano, in effetti, i due campi d’intervento della possibilità di comunicazione che è data dalla rete; creare dei mondi possibili (architettonici) vituali e la possibilità di trasmetterli in poco tempo alla collettività quindi l’interagire con altre esperienze. Tutto ciò che si trova oltre questo semplice e fondamentale processo di cominicazione diretta, è un indotto di rete che determina grosse sacche di valori trasformabili in breve tempo e componenti velocemente sostituibili perché basati, in effetti, sulla logistica di funzionamento dell’intero meccanismo informazionale (molto vicino al comportamneto di certi parassiti). Rientra però come sappiamo, in un normale processo di crescita naturale di un organismo complesso. Ma torniamo alla nostra ricerca riflettendo sui termini usati e sperimentati dal nostro artista-guida di riferimento. Domus 854 – Monte Bergisel presso Innsbruck, progetto inaugurato il 14 settembre 2002, trampolinio di Zaha Hadid vincitore del concorso internazionale del 1999, un balzo strutturale di nuovo segno e di rinnovate coordinate, spaziali; un’architettura in ‘quota’ nell’articolo: ‘La città desiderata’ http://www.archandweb.com/scritti/la%20citt‡%20desiderata.htm “[…] una fuga della materia-simultaneamente nelle tre dimensioni, così che la materia stessa ha potuto raggiungere il tempo, la trasparenza interna dei corpi, il loro movimento assoluto attraverso degli incidenti del moto… Boccioni è convinto di aver ridotto progressivamente gli spessori materiali delle sue sculture, rinunciando alla loro colorazione e ad intervenire con incidenti formali supplettivi quali pezzi di ferro, modanature, eccetera, per evitare dispersione e rimanere aderente alla sua idea architettonica di scultura…Alcuni mesi dopo, con un lavoro pressante e senza riposo incominciai a immaginare la realizzazione del dinamismo plastico in sculture tridimensionali, che riassumessero nel loro slancio architettonico le forze propulsive dell’ambiente…”Da Zeno Birolli, Umberto Boccioni – Racconto crititco, Einaudi Letteratura. Quale balzo appare tra le righe di questo scritto! La necessità di elaborare un progetto incessantemente desiderato, sperimentando secondo la passionale attitudine alla creazione artistica, un elemento comunicativo indissolubilmente unito all’ambiente, azzardando fusioni estreme e sconnettendo codici materici diversi ma contigui. Corpi presenti nello stesso spazio-ambiente, quindi, facenti già parte di una composizione generale primaria e che trovano una loro sintesi rappresentativa tra le mani dell’artista ‘illuminato’.Invenzione seducente di un attimo imponderabile nella moltitudine di eventi che si rivelano durante la creazione di un’opera. Come il balzo effettuato da J.Pollok quando s’introduce fisicamente nella cornice dell’opera e fa implodere essa stessa di un’energia vitale nuova, anche qui i codici sono chiari; i colori, la superficie, l’azione quasi violenta nel proiettare le macchie sulla tela, ma è l’atto in sè, che determina la relazione come valore interstiziale nel creare quell’evento. Balzo è quello di A.Burri che chirurgicamente cuce, anche qui, codici diversi di singoli eventi materici quali sacchi, scioglie plastiche arde legni e salda lamiere costituenti il corpo vivo di un codice nuovo sovrapposto fatto di rapporti tra la materia fino allora creduta sotto controllo. Ricordiamo i termini di Boccioni ‘incidenti formali supplettivi’ o processi inspiegabili di una pratica costruttrice capace davvero di inoltrarsi in spazi insondati dalle possibilità futuribili sconvolgenti. Mantiastudio GR pag 147 -l Carpet House, progetto per un’abitazione privata, Pozzolone, Vicenza 2001 Poi ancora egli continua aggiungendo: “Può darsi che un giorno la pittura non basterà più e che si dovrà dipingere, direttamente nel cielo decorazioni con gas colorati. Però francamente a me basta che si possa dipingere, anche se non riesco a fare ancora quello che intendo… – e aggiunge – questo futuro che ci proietta continuamente fuori dal presente”. E’ determinante, (lo scritto in grassetto) si tratta di una vera e propria consapevolezza di un’intuizione irrealizzabile nel suo tempo, una connessione tra elementi teorici discontinui perché non appartenenti a quel progetto e a quel tempo. Delle sovrapposizioni di determinanti intuizioni che da lì a un cinquantennio avrebbero rivelato una silenziosa e a molti indifferente rivoluzione architettonica, capace di viaggiare alla velocità della luce tra ‘memorie’ e ‘schermi’ come le onde elettromagnetiche sui tetti di una città parallela di cui ora riconosciamo l’esistenza non più utopica o peggio ancora onirica, ma consapevoli di una sua ‘altra’ realtà, realizzata. Certo, quanto su scritto, è l’atroce conferma di una geniale personalità che vede l’evolzione in atto oltrepassare il limite del suo tempo ed ancora tutta ancora da scoprire. Il balzo però è stato compiuto. La polimatericità come premessa di un salto dimensionale si è evoluta in tridimensionalità scultorea; ha generato un altro tipo di spazio contenendo e avviluppando essa stessa l’ambiente. Il risultato? Non è dato conoscerlo, almeno non adesso, ma sicuramente queste rappresentano le basi da cui può nascere una speranza progettuale che davvero rappresenterà nuove coordinate e relazioni diverse, questo ho cercato di evidenziare anche componendo e scegliendo l’immagine di testa a questo articolo. Quale architettura dunque, per quale uomo,? E soprattutto, in quale spazio? Il David di Michelangelo che si trasforma nell’opera dell’uomo boccioniano di Figure uniche nella continuità dello spazio. Le due opere rappresentano i poli tra i quali si realizza una sconnessione temporale; i volumi le superfici i segmenti e gli stessi punti che compongono le due creazioni spaziali, in preda ad una metamorfosi percettiva, unica condizione di un passaggio evolutivo ben definito, si dilatano, fluttuando si ricompongono secodo schemi diversi; le conseguenze di una velocità che trasforma l’intima struttura della materia, ora mostra la vera meta da raggiungere; un profilo umano mutato, magari troppo coinvolto se non sopraffatto dalle sollecitazioni derivate da quell’antico quanto sconvolgente schoc iniziatico, del balzo necessario che ha espresso nuove possibilità di relazioni. Nel David sono riflessi i colori di Firenze e di un intero periodo storico, ma c’è anche l’inizio della sua evoluzione arrivando alla figura dell’uomo di Boccioni che racchiude stavolta nelle sue stesse masse avvolgenti, nei suoi riflessi, la perfezione scultorea del David. Non si tratta di sviluppare un discorso intorno a due visioni di opere indipendenti, ma di concentrare l’ettenzione su quella che è la metamorfosi dello ‘stesso uomo’, in quanto con lui variano le visioni, le relazioni, il suo spazio vitale, quindi dell’architettura che intorno a lui si andrà realizzando. Siamo perciò giunti a comprendere che, sia esso pigmento di colore, sia saldatore, o scalpello, sgorbia o programma per lo sviluppo di forme complesse, lo strumento per intervenire in questo mondo e con questa realtà, è stato realizzato, però anch’esso risolve solo alcuni dei problemi in quanto ancora una volta siamo di fronte ad un ‘utensile’ perfettibile. archivio fotografico di Paolo Marzano, padiglione di Mies, Barcellona. Area n.69 – Salzburg, particolare della passerella Centrale elettrica, progetto di Betrix & Consolascio L’intervento dell’uomo sulla materia ha rinnovato le sue possibilità espressive, come Boccioni, realizza una sconvolgente esperienza materica che sfocia in una realtà ‘altra’. Dall’uso incondizionato di strumenti primordiali, egli introduce nuove coordinate d’intervento, nuovi modi d’espressione di una ‘attualità’ impressionante, proiettate, a quanto pare, anche oltre il nostro tempo. Da questo traiamo delle conclusioni anzi dei filtri o delle strategie di critica, capaci certo di isolare a questo punto, interventi anch’essi per assonanza d’approccio metodologico, vicini (parecchio) alla visione boccioniana. Un esempio? Bene, tra i tanti rendering, tavole di concorsi, fasi di processi progettuali compositivi analizzati e tra tanti segni grafici liberi creati, ecco che mi appaiono degli appunti sul retro di un mio disegno. L’importanza del lavoro di ricerca, risulta l’elemento selezionatore, ma non basta, esiste un valore che individua anche caratteristiche diverse d’interpretazione; difficile da reperire tra le infinità di progetti concorsuali e pratiche progettuali a volte troppo assonanti e legate a tendenze di mercato (mode!?). Il mio interesse è per quei lavori che mettono a confronto possibilità di unione inattese tra elementi figurativi appartenenti a codici differenti. Si scopre allora una notevole potenza connettiva ricca di vere e proprie biforcazioni che rendono assolutamente inatteso il risultato formale. Forse una nuova famiglia di geometrie complesse che intratterrà nuovi rapporti e relazioni con il nostro spazio cartesiano.Ma vediamo da vicino come funziona questo lavoro di sperimentazione visto al microscopio di una ricerca personale prettamente formale-architettonica. Forme che tentano, evolvendosi secondo parametri controllati, di operare sul corpo vivo della figura tridimensionale e sulla sua con-formazione. Estrusioni calcolate ma aggiungendo alternatamente geometrie diverse. Fughe direzionali spaziali che introducono, come abbiamo visto, nuove essenze energetiche derivate dalla materia prima, elemento essenziale per operare nella materia virtuale. L’ARCA n.182 – Alcune sequenze del progetto Box 01 Codex of Connection di Sonia Cillari. Vedere anche a proposito del lavoro il link di approfondimento: http://www.newitalianblood.com/ in particolare i due articoli di ‘teoria’ di Simona Cillari. Alla ricerca di una forma genetica che faccia sviluppare un organismo nuovo, la sconvolgente definizione di una ‘altra’ creatura architettonica e di una ‘altra’ forma di relazione. Un esempio pratico di contaminazione di codici diversi per produrre elementi compositivi nuovi, ritengo sia quest’esperienza, che secondo me, può produrre delle novità a livello oltrechè progettuale-architettonico anche concettuale, riguarda il lavoro di Sonia Cillari. La sua ricerca arriva a creare modelli tridimensionali di progetti quasi morfogenetici; è l’origine, le componenti della ‘pozione’ quel che interessa. La combinazione genetica tra cromosomi geometrici e parametri appartenenti ad altre categorie, che nella sua semplicità è sconvolgente. E’ “un’applicazione di strategie informatiche evolutive per generare e sviluppare una matrice formale in risposta a criteri informativi”. Nuove coordinate d’intervento appaiono, con questo lavoro, all’orizzonte, altre relazioni tra parti di evidenti codici diversi, geometrie combinate a testure e a colori digitali. Una splendida connessione tra discontinuità codificate. Il risultato? Un altro infinito rivelato, un’ulteriore riserva energetica alla portata dell’architettura. Nel lavoro di Sonia Cillari la relazione si realizza tra informazioni ed è formata dall’interazione tra 11 elementi: 6 geometrie e 5 texture di colore digitale che sono le entità informative collegate per formare un codice di informazione. Un balzo metaforico e anche evidentemente architettonico fu compiuto da F.L.Wright quando progettò e costruì la casa sulla cascata, opera che ormai fa parte dell’ A B C dell’architettura, e che non finisce di stupire per un dinamico movimento di blocchi aggettanti che sfidano visivamente la gravità e per un primordiale tentativo del genio di Taliesin di attuare una ‘iniziatica rarefazione architettonica’ tra gli spazi dei volumi puri di una scatola abitativa ormai disgregata. Rarefazione architettonica approfondita poi, in un mio articolo dal titolo “La Soglia in dissolvenza” http://www.antithesi.info/testi/testo_2.asp?ID=234 Fallingwater,35-37 in Understanding Frank Lloid Wright’s Architecture, Donald Hoffmann, Dover Publications,inc N.Y. F.L.Wright, Il futuro dell’architettura, Zanichelli editore, 85, TAM 7. E’ chiaro che le due foto della casa sulla cascata di F.L.Wright, prese a proposito, quasi dalla stessa angolazione evideziano la sporgenza rocciosa che, a detta del maestro di Taliesin, è stata l’ispiratrice del’intero progetto. Infatti la foto con il nero ‘sarurato’ (fig.b), definisce lo scuro dell’ombra sotto la casa definendo meglio il grande masso roccioso a sbalzo che sembra sospeso nel vuoto. Un balzo strutturale iniziatore di una tecnica, un balzo architettonico ancora troppo attuale ed inesplorato ma capace, in quell’istante di cambiare le coordinate dello spazio, diversamente vivibile, di un’abitazione. Wright dice: “In quel bellissimo bosco c’era uno scoglio alto e massiccio, posto al di là di un cascata e l’idea più immediata fu quella di costruirvi la casa; proprio a sbalzo sulla cascata! Considerando che a Bear Run per la prima volta avevo a disposizione il cemento armato come materiale da costruzione, la ‘grammatica’ del progetto potè chiarirsi su quella base. E’ un balzo necessario all’architettura in un tempo che stabilì il momento e solo quel momento (il masso roccioso, la tecnica degli aggetti, il cemento armato, la disgregazione della scatola abitativa; codici diversi confluenti in una creazione architettonica) perché si affrontassero discorsi diversi e anche nuovi, perché si aprissero altre infinite possibilità d’intervento e d’espressione architettonica. Un balzo che ci ha sicuramente portati a comprendere maggiormente l’oggetto e le sue potenzialità fisico-percettive stabilendo dei tempi interpretativi e quindi, creando una sua storia costruttiva generata solo da parti di ambiente di cui è formato.Ancora oggi le riflessioni e le descrizioni di questa fusione con ‘il proprio ed invisibile ambiente’, appaiono troppo attuali forse perché ormai la strada di ricerca era stata segnata. Il bisogno di evidenziare una zona di fusione tra l’oggetto o il segno descrittivo di una forma con il suo intorno, ha avuto il momento giusto per iniziare a manifestarsi. Probabilmente avvicinandosi a certe riflessioni di cui ho parlato nello scritto “L’Ambito variabile ” http://www.architettare.it/articoli/marzano004.asp Hotel River, Jean Nouvel, Domus 827, nella Main Steet Pier a Brooklyn N.Y. Struttura con balzo sull’acqua come un trampolino trasparente, evidenzia fughe strutturale d’alto livello formale, aperte nel vuoto in cui si proietta. Opera ‘costruttivista’ di nuova generazione. Parafrasando quello che dice Derrick De Kerckhove riferendosi a Bill Moyer sul calo dell’interesse televisivo, possiamo affermare che in un certo senso l’oggetto e lo spazio fanno parte di una visione interpretativa pubblica, quindi piuttosto comune come approccio, ma è il minimo necessario che serve alla nostra percezione perché si stabiliscano effetti relazionali straordinari di portata colossale della nostra osservazione dello spazio privato, un’educazione alla visione che usa queste come basi e che lascia alla libertà individuale l’approfondimento di tali argomentazioni. Un affascinante ‘infinito’ di relazioni a disposizione di chi volesse inoltrarsi architettonicamente nel nostro spazio- ambiente inteso già come parte del proprio corpo. C’è però da aggiungere che la rivoluzione digitale, usando il vettore televisivo ingloberà altre percezioni e sarà chiaro che dovremmo rivolgerci altri quesiti per cui sarà interessante saper porre la domanda giusta più che pensare alla risposta e di certo non sarà lontana da quella che tempo fa, mi preoccupai di formulare affrontando già queste problematiche, sembrerà delinearsi infatti, la difficile distinzione tra un’interazione reale dalla, non tanto impossibile, alterazione virtuale? http://www.parametro.it/architetturain02.htm La frase che segue sintetizza, in maniera determinante le probabili caratteristiche conoscitive dell’architettura anche quella futura, evidenziando la relazione tra oggetto e ambiente e dando le istruzioni per l’uso della sperimentazione e della ricerca non tralasciando un valore umano inestimabile, il potere dell’ intuito. “La forma dinamica, per la sua essenza mutevole ed evolutiva, è una specie di alone invisibile tra l’oggetto e l’azione, tra il moto relativo e il moto assoluto, tra il visibile e l’invisibile, tra l’oggetto e il suo proprio indivisibile ambiente. E’ una specie di sintesi analogica che vive ai confini tra l’oggetto reale e la sua potenza plastica ideale e solamente afferrabile a colpi di intuizione.” Da Pittura e scultura futuriste di Umberto Boccioni, Vallecchi editore. NOTA di RETE dell’autore: Paolo Marzano