Merezzate Social Housing

La tecnologia e le regole del ‘buon costruire’ nella loro forma attiva tentano di sfruttare al meglio gli elementi naturali, aspirando nei casi virtuosi, a ridurre al minimo il potere distruttivo che è l’altra faccia di ogni costruzione; allo stesso modo, nella loro forma passiva possono essere letti come lo sforzo dell’ingegno per contrastare il potere distruttivo della natura, che vuole ricondurre a se l’opera dell’uomo.
Gli strumenti di questa forza “distruttrice” sono in parte elementi naturali, quali gli agenti atmosferici e le calamità naturali, in parte antropici quali gli agenti accidentali ma soprattutto l’uso.
nell’edilizia sociale e’ molto forte la paura del degrado derivato dall’uso e dall’abuso edilizio
Nell’edilizia sociale è molto forte la paura della dimensione: effetto ecomostro
L’impiego di balconi, logge, spazi comuni esterni alla casa rappresentano un grosso rischio che spesso la committenza non vuole correre per evitare problemi di gestione, di manutenzione e quindi di degrado accelerato. Se a questo sommiamo le esigenze energetiche che portano a ridurre al minimo le bucature e a semplificare l’involucro esterno, la necessaria densità edilizia, l’economicità dei materiali, le case tendono a diventare grosse masse introverse, monadi silenziose, il cui unico riscatto sembra essere nel mestiere e negli sforzi che tanti architetti riservano ad un sempre più attento e raffinato maquillage.
La nostra ipotesi di lavoro è stata la ricerca di una casa “estroversa” cercando e lavorando con elementi architettonici, in grado di assorbire il disordine rendendolo parte del sistema di concepimento della facciata, non mettendo in discussione il concetto di decoro urbano, ma neanche rinunciando alla bellezza e alla vivacità dell’uso esposto.
Gli inevitabili piccoli abusi, oggetti esposti: parabole, condizionatori, armadietti, panni stesi.. si fondono con un grande e vivace tessuto formato dall’articolata disposizione dei balconi. Le maglie sono di materiali e colori diversi: pannelli in fibrocemento lamiere stirate, lamiere serigrafate, lamiere ondulate, pannelli in legno, grigliati con verde, usati come fossero i materiali riciclati con cui si auto costruiscono le favelas brasiliane.
L’edificio è concepito come quadro, come ritratto, come sezione o spaccato della vita. Non per ritrarsi all’interno del proprio isolamento (appartamento), ma per mettersi in mostra rappresentarsi.
La facciata come lista, lista caotica come struttura orditrice, struttura aperta: se si aggiungono elementi si arricchisce.
L’aspirazione alla socialità, alla relazione è anche la ragione della sua pianta, che deriva dal mettere insieme tutte le principali direzionalità dell’intorno urbano. Pur essendo l’edificio ai margini, separato dal piano e dal progetto unitario di cui tuttavia fa parte, abbiamo cercato di trasformare questa separatezza in una nuova centralità, non solo con l’artificio formale degli allineamenti, ma a quota strada, rinunciando a steccati e confini di proprietà e valorizzando un preesistente corso d’acqua artificiale, abbiamo progettato un percorso pedonale, che lambendo l’edificio connette l’intero intervento alla futura area commerciale in prossimità alla ferrovia e all’edificio scolastico.

 

Informazioni sul progettista
Nome dello studio
Alberto Catalano & Partners
Email
info@albertocatalanoandpartners.com
Indirizzo dello studio
Via della Boscaiola 14
Milano 20159
Italy
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