Caduti dagli altari i grandi computers, che un tempo incombevano, segregati in torri d’avorio come strumenti di limitate (in tutti i sensi) conventicole, la tecnologia digitale, ed in genere elettronica, ha saputo divincolarli dai piedistalli, dove si trovavano, e ha scardinato gli attacchi che staticamente li bloccavano.
Ora assistiamo alla disintegrazione lenta e continua dei piccoli circuiti. Sul pavimento della nostra complessa realtà c’è uno strato disordinato di frammenti che riempiono il nostro spazio. Pezzi di circuiti elettronici che hanno saputo fondersi per generare nuove e sorprendenti connessioni stabilendo, secondo logiche di sviluppo quasi frattale, apparati a loro volta sempre più articolati capaci motivare nuovi bisogni, soddisfacendo desideri di comunicazione.
Raccontato in questo modo sembrerebbe un fenomeno, che fa pensare, per sensibile assonanza ad una delle realtà parallele tanto declamate da uno dei massimi esponenti della letteratura fantascientifica degli anni 60/80, Philip K. Dick. Soprattutto per l’allucinante susseguirsi d’eventi che sembra abbiano avuto un percorso ben studiato e scrupolosamente messo in atto nei minimi dettagli. Così non è stato.
Siamo invece più vicini a ciò che profeticamente è stato scritto ne “alla conquista dell’ubiquità”, svelata dal precursore dei racconti della città e delle sue intrinseche variabili in continua mutazione quale Paul Valery nei suoi scritti sull’arte. Il concetto principale che fin’ora qui si sta chiarendo, è la nascita di alcune nuove funzioni che appartengono ormai allo spazio architettonico. Per Valery, erano funzioni, come il gas, l’acqua, la luce elettrica capaci di insinuarsi silenziosamente nelle nostre case alterando spazi e modi di vita, agevolando logicamente il vivere quotidiano e aumentandone la qualità. Oggi, qualcosa, si sta presentando a noi, di più sconvolgente e nello stesso tempo di più entusiasmante.
Lo spazio, limitato fra i muri, adesso sta scomparendo è in atto una “rarefazione” architettonica in confronto alla quale le funzioni citate da Valery diventano una metafora di quello che interstizialmente invade l’ambiente costruito per esaltarne le potenzialità. I frammenti, sul nostro pavimento, allora, si sono collegati fra loro secondo schemi nuovi e le loro funzioni si sono messe al servizio di molti più individui, tanto da arrivare a risultati inattesi ed inimmaginabili. Un’evoluzione dello spazio architettonico che non si lascia più osservare o, banalmente fruire, ma riesce ad essere attivo e primo attore come poche volte è successo nella sua storia.
Sensibilissimo e altamente sofisticato, prodotto da una ricerca e da uno studio attento, ora esso, s’inoltra tra le strutture, le ricopre e a volte sostituendole ne occupa il posto avviluppandole. In che modo? Con quali sistemi? Vi siete mai trovati tra due specchi paralleli? La vostra immagine si riflette all’infinito scomparendo all’orizzonte dopo tantissime proiezioni. Ora, se immaginate come tante volte è successo (mentre ci si muove per la città, ma solo per pochi istanti) di stare tra due vetrine parallele che riflettono la vostra immagine. Come succede con gli specchi, esse moltiplicano il profilo, però lo inseriscono nella città tra la gente in corsa, le case, le automobili, la segnaletica.
Bene, andiamo avanti.
Ora immaginiamo che nello spessore del vetro, che costituisce le due vetrine poste parallelamente, siano inserite delle scritte dinamiche, immagini o segnali e indicazioni. Allora il vetro si attiva e diventa uno schermo trasparente e un supporto informativo; come un foglio di giornale che contiene già tutte le pagine.
A questo punto moltiplichiamo le vetrine e costruiamo un’abitazione fatta con tale tecnica; bene, pensando a questa possibilità lo spazio architettonico, adesso, è già cambiato! Modi e tempi, delle trasformazioni funzionali saranno scelte dalla ricerca architettonica.
Poi, se per questo strumento esisteranno degli usi particolari come per esempio, isole multimediali trasparenti per la città, che aiutano ad orientarsi evitando l’inquinamento visivo, allora tutto aiuterà la comunicazione senza invadere la qualità comunicativa esistente geneticamente in ogni centro abitato.
Questa tecnologia sta creando un banco di prova importante per le nuove idee sullo spazio architettonico.
La fuga dalle città, per esempio, è un fenomeno che il nostro tempo sta evidenziando. Non siamo lontani dall’idea di decentrare su abitati satelliti, il lavoro. Ricavati dai paesini nelle vicinanze delle grandi città, infatti, si potranno stabilire con reti informatiche o satellitari veri e propri centri per lo sviluppo di nuovi lavori che abbiano a che fare con l’uso dei computers. I fattori positivi sarebbero il decongestionamento delle città, il recupero dei piccoli e caratteristici centri vicini ad esse, a favore di un notevole abbassamento dell’inquinamento delle città e un maggiore sviluppo della piccola scala abitativa e informatizzata a favore dell’aumento della qualità della vita.
La sensibilità architettonica ha messo a punto soluzioni valide per questo tipo di tecnica, guardando positivamente la miniaturizzazione dei circuiti inseriti in spessori trasparenti. Nel 1983/89 una creatura arriva dal mondo delle idee e plana sul tetto di un edificio a Vienna, arrivava da chissà quale stella lontana, Coop Himmelb(l)au individuano la creatura. Forse il primo passo prima di trasformarsi in una creatura splendida?
Staremo a vedere! (notate la somiglianza grafica della scultura della mansarda a Vienna, per lo studio di avvocati, con l’alieno progettato da H.R.Giger per la serie di film Alien nel suo primo stadio di face-hugger, con la sua lunga coda e la parte curva vertebrata, da cui la metafora futuristica!).
Certo l’idea di Prix e Swiczynski è chiara. Le relazioni si costruiscono sulla base di una diversa percezione e l’ambiente, dei materiali che lo costituiscono e del loro uso.
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Fig. 1) Mansarda Falkestrasse 83/89 |
Fig. 2) interno Mansarda Falkestrasse 83/89
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Carlos Zapata nel suo JPBT a Maiami in Florida, conferma la pratica possibilità progettuale degli elementi vitrei e metallici filtrati dalle strutture rivestite in legno, la complessità si fa eleganza. Ne emerge un totale controllo dell’ambiente, trattato con un’esplicito fine relazionante, collegato visivamente alla baia esterna. L’atmosfera all’interno con i divisori trasparenti, rende l’ambiente aperto e libero evidenziato dalle vele di vetro opaco, gonfie di una luce nuova.
Fig. 3)Landes House, Golden Beach,Florida .
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Fig. 4) JPBT Advisors, Miami, Florida.
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Bernard Tschumi nell’opera al Groninger Museum nella sua Video Gallery si allontana concettualmente dalla struttura ed evidenzia le superfici che diventano esse stesse emittenti di segnali egli, infatti, ha usato il vetro strutturale applicandoci poi tecniche multimediali.
Toyo Ito usa anch’egli il codice trasparente-emittente per creare spazi che superano evidentemente la sensazione e si sublimano in percezione. La strada sembra sia stata tracciata, ora la tecnologia e la sensibilità architettonica devono farsi carico di tale valore percettivo.
Le sensibilità assonanti, a questo punto, si rivelano e si moltiplicano.
Il movimento di Marinetti creava visioni futuristiche che descrivevano uomini e automobili come protesi del corpo che così poteva lanciarsi ad estreme velocità e ne declamava l’ardua fusione, proprio quella fusione che diventa iperrealistica e edonisticamente catastrofica in J.G. Ballard, Paul Virilio famoso dromologo, invece, arriva a far sparire la macchina stessa come elemento fisico e fonde l’umano ad una corrente percettiva, fatta di istanti definiti dalla velocità della mediatizzazione.
Se di trasparenza si parlerà nel prossimo periodo architettonico, dobbiamo tenere presente quali sono state le sensibilità artistiche che si sono avvicinate e hanno iniziato il discorso su questo tipo di tecnica riconoscendola come possibilità espressiva. Lo stesso genio Boccioni futurista, nei suoi dipinti “visioni simultanee” e “la città entra in casa”, fonde la visione ad una trasparenza del mondo oltre la finestra che in quel momento si “attiva” relazionandosi al paesaggio visto dall’osservatore, egli confonde i riflessi vitrei alle immagini caotiche della città brulicante e movimentata
Fig. 5) Boccioni, visioni simultanee, 1911.
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Fig. 5a) Boccioni, la strada entra in casa, 1911.
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Il poeta Paul Scheerbart, nei suoi documenti sull’architettura di vetro del 1914, partecipa con Bruno Taut alla visione di una particolare architettura trasparente. Raccontano di abitati vitrei sulle cime delle momtagne. Generano un’idea che potrebbe aprire possibilità enormi per quanto riguarda lo spazio architettonico. Visione allora, utopica, ma iniziatica rispetto al fenomeno che oggi, appena superata la de-costruzione, s’inoltra evolvendosi nella più perfetta delle forme.
Fig. 6-7-8) Serie tavole 3-8-14 della Alpine Architektur-Verlag, Hagen 1919.
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Le invenzioni nascono per uno scopo, diventando impossibile prevederne l’uso (purtroppo improprio?!). Non dimentichiamo che la televisione nacque come strumento aereo di rilevamento territoriale, quello che conosciamo, n’è un uso improprio, oppure, la rete internet nasce per un principio di difesa militare e non di divulgazione, quindi è improprio l’uso che se ne fa ?! Certo è, che lo spazio architettonico sta allestendo le sue scene, le più straordinarie che il più folle dei registi non avrebbe mai immaginato.
Frammenti d’elettronica che ci mettono in contatto continuamente con il mondo, ora si sono attaccati agli abiti, altri avviluppando il corpo umano hanno determineranno protesi telecomandate.
Altri frammenti sono arrivati ad innestarsi sconvolgendo il mondo della medicina e i movimenti impediti ora possono effettuarsi con circuiti posti sotto la pelle.
Altri frammenti elettronici guardiani di spazi domestici assicurano il funzionamento e la sicurezza abitativa, altri unendosi ai più svariati materiali azzardando fusioni estreme.
Certo nel terzo millennio, aspettavamo macchine volanti e grandi silos, capaci di contenere centinaia di migliaia d’auto, appartamenti e quant’altro la fantascienza aveva previsto nei suoi sogni “[.] ma al destino non è mai mancato il senso dell’ironia” citazione calzante del futuristico Virgilio (Morfeus) dal film Matrix.
Il più grande, il gigantesco, l’imponente, l’immenso, si è trasformato nel più piccolo, nel microscopico, nell’invisibile circuito dei frammenti elettronici.
La tecnologia miniaturizzata ha sostituito le conquiste dei pianeti.
Le realtà virtuali come si era stabilito un decennio fa, dove l’uomo poteva perdere il senno e in cui l’architettura come una mummia in eterna putrefazione era stata segregata e addomesticata, dichiaratamente non hanno avuto successo, (per fortuna di chi, come me, ne è un’appassionato e sensibile osservatore).
Proprio come i progetti utopici profetizzati dagli Archigram o dai Metabolist giapponesi per le grandi metropoli. Utopie necessarie derivate da paure dell’ignoto e dall’incontrollabile.
La natura e l’ingegno umano, fortunatamente, non seguono una tabella di marcia. Il risultato che né deriva, sta producendo soddisfacimenti nella sfera delle relazioni tra uomini e tra questi e l’ambiente in cui vivono. Il contatto si è ristabilito apportando una maggiore ricchezza d’esperienze.
Si susseguono intanto i nomi in cui classificare già questa visione nuova dell’architettura.
Qualcuno la definisce ipersuperficie, altri la chiamano quinta dimensione, altri ancora variante dell’iperspazio.
A parte questo, penso che in ogni modo questa mutazione stia davvero proponendoci una visione di un livello superiore. Uno spazio progettato e da progettare, che si sta inoltrando in una dimensione nuova, data dalla comunicazione e soprattutto dalla qualità tecnologica che essa sceglie per informare. Un ambiente trasparente e rarefatto in cui ogni possibilità comunicativa e realizzata. Una visione dello spazio che sfiora l’astrazione pura, ma rimane ben definita, trasforma le superfici attivandole sistematicamente e presagisce sconvolgimenti che sicuramente toccheranno la sensibilità umana rendendola ancora una volta più vicina ad una maggiore libertà percettiva.
Siamo forse ad un inizio che ci porterà al sogno della pregevole utopia della Glasarchitektur?
Da Bruno Taut a Scheerbart fino a Toyo Ito e Bernard Tschumi, è evidente il desiderio di una trasparenza che generi una nuova vita di relazioni.
La tecnologia è lo scalpello della moderna Glaserne Kette, essa, regalerà molto probabilmente, un miglioramento del vivere quotidiano in un a realtà sempre così avvincente e generosa di complesse e continue mutazioni.
Fig. 9) Interno istallazione Healt Futures all’Expo 2000 di Hannover, Germania 1998-2000 .
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Fig. 10) Interni istallazione di Hannover con variazioni proiettate su pavimento e pareti, schermi luminosi .
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La trasparenza, vivificante e purificatrice è la metafora del bene che rifiuta ogni compromesso. Riflette e trasmette immagini della realtà attorno a noi, ma adesso con un’energia in più, emette essa stessa e comunica informando l’osservatore attivo, di una forza nuova, quella mediale.
Toyo Ito personalità all’avanguardia per questo tipo di linguaggio, rimane però legato all’edificio contenitore ecco perché penso che questo tipo di tecnica potrà invadere, per adesso, solo l’interieur, l’interno degli spazi, poi il tempo migliorerà le soluzioni e la trasparenza si sposterà verso l’esterno.
La direttiva in ogni modo rimane ben definita, ci sono tutti gli elementi per contare su avvincenti e fertili proposte che illumineranno la nuova architettura fatta di superfici trasparenti o diversamente opacizzate, da superfici riflettenti o illuminanti trattate diversamente secondo l’utilità e della funzione nella partizione e quindi dello spazio.
Un valore architettonico in più, la comunicazione e l’elemento relazionale insita nell’esperienza, nel contatto con l’intorno e nella continua scoperta d’ordini e ritmi percettivi nuovi.
Fonti delle foto:
– Carlos Zapata, le inquitudini dell’architettura, L’arcaedizioni giugno 96
– Pracchi De Benedetti, Antologia dell’architettura moderna, Testi, manifesti, utopie, Zanichelli 92
– Art Dossier, Boccioni, Giunti 98 – rivista MODULO n. 179 marzo 92
– Documenti di Architettura, Toyo Ito, le opere i progetti gli scritti, Electa 2001